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      Ora, riassumendo la nostra ipotesi, possiamo immaginare l'Universo primitivo, cogli spazi affatto liberi da qualsiasi astro, nebulosa o corpo errante, la materia aggregata ancora non esistendo; solo l'etere, cioè l'energia che avrebbe dovuto in tal modo preesistere alla materia propriamente detta, occupava gli spazi.
      Ma con le proprietà dell'etere, che fu definito: ripulsivo di sè stesso e della materia, un tale stato di perfetto equilibrio doveva cessare.
      Bastò che nel vertiginoso turbinìo di questo infinito oceano d'etere si formasse un ingorgo, un eccesso anche leggero, perchè una certa quantità di etere, non più completamente libero a sè stesso e incagliato nei movimenti, rimanesse imprigionato, limitato sempre più nell'ampiezza delle sue vibrazioni, costretto ad abbandonare a poco a poco l'eccesso di energia: ecco il nucleo della prima nebulosa, il germe della futura materia.
      Un tale processo, che si deve ammettere assai lento per la grande quantità di energia che doveva restare libera, potrà essersi verificato a caso, contemporaneamente in più punti del cielo e così, formatisi più nuclei di nebulose, le vibrazioni dell'etere, non trovando più lo spazio interamente libero, avranno incominciato a risentire una certa influenza, dando luogo, secondo certe leggi dipendenti dalla lunghezza d'onda delle vibrazioni eteree, a nodi o a rinforzi o indebolimenti in numerosi punti dello spazio, distribuiti, non più a caso, ma con ordine e armonia.
      Così avrebbero avuto origine a poco a poco, per lenta trasformazione o meglio concentrazione dell'etere in materia (se può essere appropriato tale nome alla tenuissima sostanza formatasi da principio), tutte le nebulose del cielo, che per la continuità del fenomeno durante lunghissimi periodi, hanno potuto assumere vaste proporzioni.


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Lo spirito dell'universo
di Olinto De Pretto
Bocca Torino
1921 pagine 268

   





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