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      - Togli quell'anello.... o restituisci il mio! Restituiscilo, hai inteso? o ti rompo le braccia! Restituiscilo, ch'io lo spezzi, ch'io lo calpesti, ch'io lo butti nel mare....
      -Ah, tu m'uccidi!
      Ella era tutta sbiancata in viso, e le labbra fatte violacee erano scosse da un lungo tremore. Subitamente, egli l'aveva lasciata e s'era messo in ginocchio portando le mani alla testa e scompigliando i suoi capelli grigiastri.
      - Perdono, Costanza; perdonami, sono un pazzo, lo vedi! Ma sei tu che m'hai fatto ammattire! A quarant'anni passati, e da un pezzo! Se io ti dicevo.... quella cosa, è perchè - vedi! - io ti voglio bene.... in un altro modo!... Costanza, mi hai tu perdonato?...
      -Sì, sì! Guarda, io bacio il tuo anello, guarda; così! così! Bacialo anche tu, così! E ti giuro che l'altro....
      Allora egli le aveva chiusa la bocca con la mano, sorridendo tristamente fra le lacrime, e dicendole pianissimo, da farsi appena sentire:
      - Silenzio!... Non dir nulla!... Non mi ricordar nulla!... Quello che è stato è stato!... Lasciami morire così, ai tuoi piedi!...
      Ed ogni volta che veniva a trovarla, appena entrato nel santuario, egli si metteva in ginocchio, congiungendo le mani in attitudine di preghiera, divorando cogli occhi la dolce figura di donna spiccante sul fondo bianco del panneggiamento che guarniva un angolo della stanza. Poi si trascinava fino a lei e si buttava per terra ai suoi piedi. Ella tentava di opporsi, ma nulla resisteva alla volontà di quell'uomo diventato capriccioso come un fanciullo e che per niente passava dall'eccesso della tenerezza umile agli impeti irresistibili d'un cieco furore.


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Documenti umani
di Federico De Roberto
Treves Milano
1888 pagine 229

   





Costanza