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      Erano bastate poche visite perchè Andrea Ludovisi se ne accorgesse. Giovani ed uomini maturi, tutti assumevano, vicino alla baronessa, un tono di ostentata galanteria, di confidenza autorizzata, che non formava il minor tormento di Andrea, non solo per la sorda gelosia e per la mal repressa indignazione che tutto ciò gli procurava; ma anche per la paura che l'espressione del suo affetto vivo e profondo, potesse un giorno essere appresa come una imitazione di quelle sconvenienti attitudini di cui egli era spettatore. Talvolta, quando l'impeto della passione era meno frenabile, egli credeva di persuadersi a vedere in questa circostanza una difficoltà di meno, una ragione per non aver tanti scrupoli. Immediatamente, si pentiva di questo pensiero; con quel bisogno inconfessato, ma comune ad ogni uomo, di accrescere le difficoltà d'una cosa per accrescerne allo stesso tempo il valore.
      Una sola, fra le persone che frequentavano Villa Valdonica, si sottraeva a quella specie di posa obbligatoria per gli altri: il duca di Majoli. Giovane, colto, elegante, un dramma domestico lo aveva precocemente maturato. L'espressione abituale della sua fisonomia era una grande serietà, dalla quale non si dipartiva se non qualche volta, nella intimità della baronessa alla quale era legato da un'amicizia fatta di simpatia, di rispetto e di protezione.
      Andrea Ludovisi gli voleva molto bene, e la sua amicizia per lui si accrebbe quando potè conoscere i suoi sentimenti per la donna amata, e quando gli vide dividere il proprio dolore per lo sconveniente contegno che i conoscenti della baronessa di Fastalia assumevano in presenza di lei, salvo però a denigrarla per i primi appena fuori di casa sua o del suo palco.


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Documenti umani
di Federico De Roberto
Treves Milano
1888 pagine 229

   





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