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      ...
      E poi?
     
     
      IV.
     
      Qualche volta egli lasciava pesantemente cadere la testa, stringendosi la fronte tra le mani. La baronessa tentava di leggergli negli occhi il segreto di quelle angoscie improvvise; ma egli si ostinava a tener giù il capo ripiegato sul petto.
      - Ma guardami, Andrea!...
      Egli rispondeva sordamente:
      - No!
      - Dimmi almeno, per pietà! che cosa ti passa per la fantasia!...
      - Non posso!... Non voglio!...
      - O cattivo, perchè? perchè offuscare la nostra felicità? Se sapessi come non oso muovermi per timore che essa mi sfugga! Come ho paura di ripiombare in quel mare d'infinite amarezze....
      A quelle parole, egli si era sollevato subitamente, l'aveva stretta con impeto fra le braccia, esclamando:
      - Non lo dire!... Non lo dire un'altra volta!... Sono un pazzo, un miserabile; ma ti amo, ti amo, ti amo....
      - Oh, sì; ti credo!
      - No, no!... Le parole sono vuote, sono un suono effimero, non dicono nulla. Che cosa bisogna fare, Costanza, per provarti l'amor mio?
      - Ma nulla, bambino! Amarmi ancora, amarmi sempre!
      Bambino, egli lo era ridiventato. Le più strane, le più rischiose fanciullaggini erano state da lui poste ad effetto. Fermo dinanzi alla sua carrozza, egli le strappava un lembo della guarnizione di merletto; sotto la piccola cupola dell'ombrellino rosso, a Capodimonte, col rischio di esser veduto, le aveva rubato un bacio di una dolcezza infinita. Egli avrebbe fatte delle vere pazzie per sentirsi dire bambino da lei, per cogliere nel suo sguardo l'espressione di amoroso rimprovero e di segreta compiacenza che ella metteva nel pronunziare quella parola.


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Documenti umani
di Federico De Roberto
Treves Milano
1888 pagine 229

   





Andrea Costanza Capodimonte