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      Mia moglie era lì, dinanzi a me, e ad un tratto mi parve che ella fosse tutta macchiata, tutta contaminata, e che se io l'avessi toccata soltanto con un dito quella bruttura mi si sarebbe attaccata addosso.... Le mostrai la lettera. Come ella mi vide gli occhi, si alzò di scatto. Io le domandai che cosa avesse fatto quel giorno. Sostenne il mio sguardo: perchè le facevo quella domanda? Le dissi io quello che aveva fatto. Negò altamente, mi accusò di prestar fede alle calunnie. Allora, io le ripetei tutti i particolari della lettera, e come li enumeravo, ella si turbava. Finì per ricascare sulla sedia, col viso tra le mani. Continuando, io le dissi: «Perchè hai fatto questo? Avevi da lagnarti di me? delle rappresaglie da esercitare? Non mi accettasti tu forse di tua libera elezione? Ti ho forse voluto bene meno di prima? Non ti avevo lasciato libera di andartene? Che cosa ti ho fatto?»
      Qui, mi cadde ai piedi, domandandomi perdono. Non c'era stato nulla di male, me lo giurava dinanzi a Dio; era andata perchè quell'altro minacciava di ammazzarsi, di fare uno scandalo, di provocarmi. Era stata leggera, ne conveniva; avrebbe dovuto consigliarsi con me; se ne pentiva amaramente, mi domandava perdono....
      Sì, il perdono.... Ero io sicuro che ella non avesse ragione, che non l'avessi sospettata a torto?... Poi, io non potevo cacciarla via, io non potevo vivere senza di lei....
      Di questo ella ora mi minacciava. I miei sospetti l'avevano offesa, ed il perdono non era bastato. Ella era diventata irritabile, insofferente, trovando ogni giorno una ragione di muover lite, asserendo che morta la fiducia, la vita in comune non poteva più durare.


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Documenti umani
di Federico De Roberto
Treves Milano
1888 pagine 229

   





Dio