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      In un simile stato d'animo si trovava Guido Olderico nella spianata del romitorio di San Francesco, sull'orlo della ripida scoscesa da cui l'occhio dominava l'immensa verde vallata cosparsa di ville e di casolari che, da quella distanza, prendevano l'aspetto di giocattoli disseminati a casaccio dalla mano irrequieta d'un capriccioso fanciullo. Il cielo era coperto, ma l'aria mite, e il verde degli sterminati vigneti ancor fresco. Di tanto in tanto, da un campanile di villaggio, arrivavano i suoni delle ore; dei galli cantavano nella lontananza; nessun altro suono turbava la pace di quella solitudine. Seduto sopra un sasso, coi gomiti appoggiati alla balaustra che girava tutt'intorno alla spianata, l'Olderico pareva una statua, come il S. Francesco che benediva dall'alto del cornicione della chiesetta. Nella quiete della campagna, egli sentiva finalmente sedarsi l'agitazione dei suoi nervi tormentati; e, vista da quella distanza, la vita turbolenta della grande cittą, la ricerca compiacente delle sensazioni raffinate ed acute alla quale egli si era dato, gli facevano un effetto molto meschino. L'inverno si avvicinava, gli anni volavano via, ed egli pensava che sarebbe ben presto arrivato il tempo in cui la rinunzia a quel genere di vita non avrebbe avuto pił nulla di meritorio da parte sua. In quella disposizione dell'animo, l'inoltrarsi dell'autunno in campagna non gli procurava nessuna secreta angoscia; mentre, gli altri anni, il raggio di sole che si raccorciava ogni giorno un poco sulla parete del suo salottino, gli dava una stretta al cuore malgrado le mille distrazioni della cittą.


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Documenti umani
di Federico De Roberto
Treves Milano
1888 pagine 229

   





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