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      ... Stia dunque a sentire.
      E questa volta, presa un'altra lettera dalla stessa cassetta dell'armadio, la signora Auriti cominciò a leggere ella stessa:
      «Amica mia,
      «Partito? per sempre?... Egli è partito, dopo avermi giurato di attendere dei mesi, degli anni, un'eternità? Di attendere la confessione di tutta la mia vita, dello strazio dell'anima mia? Partito, lui, senza ascoltarmi, abbandonandomi vilmente dopo aver rubata la mia pace, la tranquillità del mio povero cuore che io custodivo gelosamente, come il supremo dei beni?
      «Ah, se potessi credere che non è vero, che sono vittima d'una dolorosa allucinazione! Vorrei poterlo credere per me, ed anche per lui, per non disistimare quell'uomo che avevo messo molto in alto, in cima ai miei pensieri!... Non è possibile, è vero? La realtà è schiacciante! Non è possibile neppure il pianto: gli occhi sono aridi, lo sguardo è inebetito....
      «Mio Dio, mio Dio! perchè ha egli fatto questo? Che cosa aveva da rimproverarmi? Dici tu, amica, quali sono i miei torti? Non fui forse sincera con lui fino all'eroismo? La confessione che gli avevo promesso non mi avrebbe fatta l'anima a brani? La triste storia non mi avrebbe bruciato le labbra?... Eppure, avevo deciso di farlo ad ogni costo, come una espiazione, come un primo sacrifizio a quest'uomo che mi aveva dischiuso degli arcani dolcissimi, che mi aveva richiamata alla vita del cuore, mentre mi reputavo morta per essa!
      «Quest'uomo che io stimavo tanto diverso dagli altri sulla fede delle sue nobili parole, dei giudizii che gli altri, tu stessa per la prima, ne davano, aveva destato in me una grande simpatia; ma se io non ero padrona del mio sentimento, ero padrona della mia ragione; e può egli dire di essere stato da me incoraggiato, sia pure con la più innocente civetteria di cui nessuna donna va esente, a tentar di mutare la natura dei nostri rapporti?


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Documenti umani
di Federico De Roberto
Treves Milano
1888 pagine 229

   





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