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      Come ho pianto per quel povero Tressilian! e ne movevo rimprovero alla bella Anny, che preferiva a quell'uomo dotto e buono il galante Leicester. Ma Giovannino diceva che aveva buon gusto, e rimaneva io solo del mio avviso. Ero frenetico contro Varney, il traditore e l'uomo falso, caratteri i quali fin d'allora mi furono antipatici. Giovannino leggendo ci spiegava tutto e ci notava le bellezze. Io era come una corda che suonava al tocco delle dita; ma il maestro di musica era Giovannino. Nel mio cervello entravano troppo piú cose che non potessi digerire.
      Ciò che mi colpiva in queste letture e restava piú impresso nella facile memoria, era la parte fantastica e sentimentale. Le sventure m'impressionavano grandemente, e innanzi al mio cuore avevano ragione i vinti, quelli appunto a cui la storia dava torto. Sentiva molta tenerezza per Pompeo, la quale si convertiva in altrettanto odio contro Cesare. Chi avesse di loro ragione, e quali cause rappresentassero, e cos'era l'aristocrazia e la democrazia, il senato e la plebe, non c'entrava nel mio cervello. Ciò che c'entrava e mi commoveva molto era il dramma in se stesso, la parte poetica, soprattutto le descrizioni delle battaglie e le catastrofi finali, e mi piaceva molto il Goldsmith, ch'era eccellente in queste rappresentazioni. Giunsi con le mie letture sino alla formazione dell'Impero d'occidente e d'oriente. Come andavo piú in là, trovavo un labirinto, e me ne spaventavo. Poi la rappresentazione diveniva sempre piú arida e scolorita, e non ci pigliava parte il cuore e me ne veniva noia.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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