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      Certo, nessuno dei miei compagni aveva letto tanti libri, sapeva tante cose. C'era di che averne il capogiro. Parlavo con gli occhi che mi scintillavano, con gesti pronti e risoluti, e mi perdonavano tutto, mi accarezzavano il mento, come a un caro fanciullo viziato. Ma, a trarre il sugo, di greco sapevo poco, il latino non mi entrava se non dopo laboriosi costruzione, e non era in grado di leggerlo e tanto meno di scriverlo, scrivevo l'italiano in uno stile pomposo e rettorico, un italiano corrente, mezzo francese, a modo del Beccaria e dei Cesarotti, ch'erano i miei favoriti. Cosí con molta presunzione, con grossa e confusa suppellettile, ma con giudizio poco, usciva da quei cinque anni di studio.
     
     
      Capitolo terzoZIA MARIANNA
     
      Governava la casa zia Marianna. Era ed è rimasta per me anche oggi la zia. Non ne sapevo piú avanti. Giovannino ch'era piú curioso di me ed aveva una certa malizia, mi narrò piú tardi non so che, ma non mi rimase nulla in mente. La mia natura non mi tira a indagare i fatti altrui; e quando sentiva a dire questo o quello, me ne rimaneva appena un ronzio nell'orecchio, e passava subito. Fatto sta ch'io volevo un bene a questa zia poco meno che a mamma, e tenevo a mostrarglielo. Per via studiavo sempre il passo per starle accanto, e mi attaccavo alla sua gonnella. Giovannino, per non parere da meno, la teneva dall'altro lato, ed ella rideva e ci accarezzava, e poi a tavola raccontava tutto con una specie di caricatura che faceva ridere lo zio; perché ella parlava e gestiva il piú bel napoletano.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Beccaria Cesarotti Marianna