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      Aveva la pelle bianchissima e rosea; florida era di salute, e di umore allegro. La sera si ritirava in casa sua, poco lontano nella stessa strada. Verso il tardi andavamo noi e zio a visitarla, e si passava la serata allegramente. La mattina, Rachele ch'era la serva di casa, andava a svegliarla, e tutte e due andavano in piazza a far la spesa. Ella stava d'ordinario in cucina, una stanza bene arieggiata e provvedeva a tutto.
      Mio zio volle che andass'io a svegliarlo, la mattina alle sei e mezzo; e quest'ora mi si era ficcata nel cerebro, e, come se avessi l'orologio nell'orecchio, mi gettavo giú di letto, e correvo allo zio e dicevo: "Zio, sono le sei e mezzo". Svegliatosi, stendeva un po' le membra, ma poi tornava tutto rannicchiato sotto a quel dolce tepore; ed io, fatte le mie cose in cucina, tornavo e facevo la seconda chiamata: "Zio, sono le sei e mezzo"; e lui si levava senz'altro. Quando sentivo il campanello, correvo, ch'era la zia, e le baciavo la mano. Veniva appresso a lei la serva, china gli omeri sotto la spesa. Non si mangiava male, perché c'era sempre qualche pensionista. Erano cibi sani e casarecci, che a me piacevano piú che le vivande delicate. Ma ciò che non potevo patire era quel piccolo pezzo di pane assegnatomi, e dovevo fare la faccia dura per avere un rinforzo.
      Un giorno stavo collocato vicino al padre di un pensionista, un bravo vecchio, tagliato cosí alla grossa, che ci vedeva poco. Io aveva finito il mio pane, e piano piano mi tirai il suo, e lo divisi con Giovannino, ch'era quasi sempre l'istigatore.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Rachele Giovannino