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      Non so perché, questo nome mi piacque, e posi là il teatro del fatto. Dissi poi: "Che nome darò a questa donna?" E le diedi il nome di mia madre, e la chiamai Agnese L'orditura era molto semplice; ma tutto era insipido, e non c'era altro sapore che di frasi. Pure piacque infinitamente la mia riputazione fu assicurata, e fui annoverato tra gli scrittori esimi o eccellenti, come si diceva. Serbai quella novella tra le mie carte piú prelibate; per lungo tempo mi parve quello un capolavoro.
      Presi a poco a poco lo stile del marchese, con un po' di affettazione, come sogliono fare gl'imitatori. Quello stile consisteva in una certa scelta di parole solenni o nobili, non logore dall'uso, e non troppo antiquate, e in un certo periodare non troppo complicato o alla boccaccevole, ma pur sostenuto, solenne, copioso. I periodetti il marchese non poteva digerirli; e quello scrivere alla francese chiamava uno stile a singhiozzi. Non perciò andava sino al Boccaccio, ma teneva una cotal via di mezzo, che rendeva il suo periodare spedito e semplice. "Ma in che consiste questa via di mezzo?" domandavano. E il marchese alzava le spalle e diceva: "Con lo scrivere s'impara a scrivere; e poi ci vuole fin certo genio per imparare il secreto". Quel secreto io l'aveva imparato. Scrivendo tutte le mattinate sotto la sua dettatura, mi erano rimasti impressi certi suoi modi favoriti, certi suoi giri di frasi, certe costruzioni convenzionali, e avevo imparato a girare il periodo secondo la sua maniera, sicché dicevano ch'io gli avevo rubato il secreto.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Agnese L Boccaccio