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      Anche questo. Camminai in fretta, come uomo inseguito. M'ero preparato un cosí bel discorso; tante belle cose c'erano a dire a quel signore; come non gli diss'io che lo zio era ammalato, e che toccava a me l'aver cura di lui? Ero scoraggiato; mi pareva che tutti mi guardassero e mi facessero le beffe. Mi guardai bene di dirne motto in casa. Continuai taciturno a portare il basto, e sognavo i trenta carlini dei nuovo mese.
      Un giorno, uscito appena di casa, incontrai zia Marianna. "Come sta lo zio?" "Come volete che stia?" rispos'io. Avevo la faccia di un crocifisso. E andai oltre, studiando il passo per non mancare a non so quale appuntamento. La zia sali in casa, e voltò la mia frase in quell'altra: "Zio sta peggio"; e riempi la casa di lamentazioni. Lo zio si turbò. Aveva la mente indebolita e lacrimava spesso. Quando io fui tornato, mi chiamò a sé. Si fece cerchio intorno al letto, e zio con l'aria di un giudice m'interrogò: "Come ti pare che io stia in salute?" Volsi in aria gli occhi smarriti, e dissi: "Molto meglio, mi pare; sarete presto guarito". Andai via come un accusato; mi sentivo involto in un'atmosfera ostile, e non sapevo perché, e talora dava la colpa a me, e mi facevo un esame di coscienza, e mi promettevo d'essere piú cauto.
      Un giorno non ne potevo piú; giacevo sotto la croce. Era carnevale. A me quei divertimenti chiassosi non garbavano. Uscii verso le tre pomeridiane, assetato di aria e di solitudine. Scesi in piazza della Carità. C'era un diavoleto. "Il carro! il carro!


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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