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      A farla breve, verso sera che s'era fatto scuro, venne l'ordine per tutti. Mi abbracciavano; divenni ai loro occhi un pezzo grosso; il custode si levò il berretto. Ma non fummo lasciati uscir subito. Si venne al conto; e cominciò un vero battibecco alla napoletana sui prezzi con strilli e voci e gesti grossolani; i piú focosi minacciavano, e quelli ridevano. "Pagate, pagate, signori". Poi c'erano i cosí detti servi, che ci avevano rotto la testa tutta la notte; e c'era il custode che voleva il regalo, e altre brutte figure; ciascuno stendeva la mano e voleva la mancia. Bisognò mandare alle famiglie, e chieder nuovo danaro. Quando scendevamo pel ponte, quei ladroni fermi sulla gran porta ci facevano le sberleffe, e qualche voce ci giungeva, "bambocci, ragazzaglia", e non dico le parole sconce. Ma chi l'udiva? Quando fummo fuori, non ci pareva vero. Ciascuno corse a casa. Io non vidi zio Pietro e zia Marianna che mi venivano incontro, e corsi difilato allo zio che piangeva. Me ne disse delle belle; io non cercai difendermi, e stanco morto me ne andai a letto. La mattina mi levai fresco come una pasqua, e raccontai il fatto ai cugini e a zio Pietro, con certi miei ricami e abbellimenti. La poca pratica della vita, e la lettura dei romanzi mi avvezzavano a queste bugie della immaginazione.
      Tornai muto e tristo. Non avevo piú gusto per la scuola; non aprivo piú un libro; avevo la testa vagabonda; non venivo a nessuna conclusione. Zio Pietro pretendeva che dessi a uso della famiglia anche quel po' po' di denaro che mi veniva da qualche lezione privata.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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