Pagina (71/249)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Allora il marchese si faceva assistere da Gabriele Capuano, uno degli "Eletti", giovane di famiglia patrizia, di una educazione squisita, e bravo amico, al quale mi affezionai molto. Aveva quel certo sorriso di distinzione che esprime un'incosciente superiorità; ma vi univa un cosí buon garbo, ch'io mi sentivo soggiogato, e pendevo dalle sue labbra. Andavo spesso e volentieri con lui; mi menò in sua casa, e presi a far lezioni di latino a suo fratello Ciccillo. Mi davano i soliti trenta carlini. Quest'amicizia mi fece molto bene in quello stato solitario dell'anima. Chiuso per natura, con lui mi si scioglieva lo scilinguagnolo, mi veniva la chiacchiera. Pure quel suo contegno piú cortese che affettuoso mi rendeva timido; non c'era abbandono.
      In queste lezioni private avevo piú piacere che in quelle date in classe a casa mia. Il mio naturale affettuoso era piú appagato in conferenze, nelle quali il linguaggio di maestro era mescolato con l'accento d'amico. Ma uno dei miei piú vivi piaceri era il fare grandi passeggiate da solo a solo, cosa tanto piú cara, quanto piú rara. D'ordinario andavo per Capodimonte, e talora mi facevo una camminata a piedi fino a Portici o alla punta di Posillipo o su al Vomero. Camminavo frettoloso, a testa bassa, abbandonato alla immaginazione, e facevo la faccia brutta quando qualcuno mi si avvicinava. Andavo occhieggiando qua e là, ma con lo sguardo distratto, senza scopo: ero tutto dentro di me. Talora qualcuno piú ostinato mi si attaccava a' panni, e voleva per forza entrare in conversazione.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Gabriele Capuano Ciccillo Capodimonte Portici Posillipo Vomero