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      Il marchese, lieto della nomina, rendette al Filangieri quelle grazie che poté maggiori, e, accompagnato da lui, fece la prima visita ufficiale. Subito pensò a me, e mi mandò al principe con una sua lettera. Feci le scale trepido, pensando a Gaetano Filangieri, e gittavo di qua, di là sguardi furtivi, per vedere, chi sa? la Giovannina o la Teresa, figlie del principe, amabili bellezze, delle quali il marchese aveva piena la bocca. Fui fatto entrare in una camera addobbata con molta semplicità, dov'era il principe. Rimasi piantato e teso innanzi a lui, mentre egli leggeva. Il principe era una bella persona, di modi squisiti. Parecchi segretari gli erano attorno, ai quali dettava: aveva l'aria della fretta. "Va bene", disse a me, sorridendo, con un gesto della mano, che significava: "Ora potete andare". Ma io non capii, e rimaneva lí piantato e teso. "Va bene, - replicò egli, calcando sulla parola, - dite al marchese che mi farò un intrigante per voi". Io, ignaro degli usi e timido e goffo, non mi movevo, credendo non mi fosse lecito andar via senza sua licenza. Egli, visto il mio imbarazzo, disse: "Addio, signor De Sanctis, mi saluti il marchese". Chinai appena il capo, e teso teso me ne uscii. Per le scale mi andavo correggendo, e dicevo che avrei dovuto far questo o quello. "Il principe si sarà fatta una gran risata a spese mie", conchiusi. In effetti, il marchese mi riferí che il principe mi aveva battezzato un tedesco. Entrando io tra gli altri giovani, egli, ridendo, esclamò: "Ecco il professor tutt'un pezzo". Talora mi chiamava per celia uno svizzero.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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