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      La miopia mia accresceva il disordine, perché vedevo il male spesso dove non era, e castigavo l'uno per l'altro, tra risa, grida e proteste. Allora per la prima volta mi armai il naso di due formidabili occhiali, che a ogni mio movimento brusco ballavano, e mi facevano parere tanto curioso: quel gran coso su quel volto scarno e pallido. Ma feci male il conto, perché ero uso a vivere dentro di me, ed ero cosí immerso nel mio pensiero, che non potevo distrarre gli occhi e volgerli in giro, e gli occhiali ci stavano per comparsa.
      Però, passata la prima foga, m'accorsi che in certi momenti quei giovanotti mi prestavano attenzione, quando sentivano da me qualche fattarello, o qualche spiegazione chiara, o qualche lettura piacevole o commovente, e allora stavano cheti come olio, e talora i piú curiosi davano sulla voce ai piú impertinenti o distratti. Pensavo: "il torto non è tutto loro, ma è anche un po' il mio, che non so interessarli". E m'ingegnai, e posi tutto il mio insegnamento sulla lavagna per attirare l'attenzione e l'occhio di tutti. Quelle maledette regole grammaticali io le ridussi in poche, moltiplicando le applicazioni e gli esempi, e sempre lí sulla lavagna. Misi una certa emulazione, invitandoli alla mutua correzione. Mi persuasi che quello resta chiaro e saldo nella memoria, che è ordinato sotto categorie e schemi, logicamente. Cosí nacquero i miei quadri grammaticali, categorizzando, subordinando e coordinando tutto. Mi ricordai i metodi mnemonici di zio Carlo. Se non che, quelli venivano da combinazioni esterne, superficiali e convenzionali, e i miei venivano dall'intimo nesso delle idee.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Carlo