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      La mia mente abborriva dai fatti singoli e dai metodi empirici, e correva diritto alle leggi, ai rapporti, riducendo i particolari sotto specie e generi. I miei quadri erano appunto una sintesi, che si andava decomponendo in analisi, e uno degli esercizi piú cari ai giovani era, posta la sintesi, di lasciare ad essi l'analisi, che li svegliava, stimolava l'ingegno, accendeva la gara tra loro. Questi quadri avevano un altro lato buono, che non erano materia morta e noiosa nei libri, ma nascevano lí vivi sulla lavagna, formati da me e dai giovani, ciascuno per la sua parte, con una collaborazione paziente. Cosí non lasciavo un momento d'ozio al loro cervello, e li tenevo piacevolmente avvinti alla lavagna, esercitando a un tempo i sensi, l'immaginazione e l'intelletto, e facilitando in loro i due grandi istrumenti della scienza, l'analisi e la sintesi. L'aria della scuola era mutata; quei giovinetti si pavoneggiavano e facevano la scuola agli altri, insegnando loro tante cose nuove; io poi solleticavo il loro amor proprio, lodando, incoraggiando. In pochi mesi mi sbrigai della grammatica, e capii che lo studio della grammatica cosí come si suol fare, per regole, per eccezioni e per casi singoli, è una bestialità piena di fastidio, sí che metteva in furore i giovani, quando sentivano dire: "Ora veniamo alla grammatica". Vedevo pure che la lettura li annoiava terribilmente, e faceva lo stesso effetto sopra di me, mi annoiava terribilmente. In quello studio di parole e di frasi non c'era sugo.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249