Pagina (111/249)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      I miei temi erano letterine o fatterelli, di rado descrizioni, e sempre cavati da cose note e facili. Il difficile, il raro, il complicato, l'epigrammatico, l'indovinello mi è stato sempre antipatico. I piú svelti facevano di bei lavoretti. Io soleva staccare periodi buoni o cattivi, e li fissava lí sulla lavagna, e ne faceva tema d'interrogazione: ciascuno stava teso a domandar la parola, a fare la sua osservazione. La mia lezione divenne cosí popolare, che i piú grandi, quelli dell'ultimo anno, desiderarono ch'io li esercitassi nello scrivere, e io lo feci ben volentieri.
      Cosí le cose andavano nel Collegio mica male, con soddisfazione mia e dei miei alunni. Scendendo di là, mi andavo a chiudere nel Caffè del Gigante, dove usavano negozianti stranieri, posto nelle sale terrene del palazzo del principe Leopoldo (Borbone). Erano quattro o cinque stanze ben larghe e ben pulite, cosa rara in Napoli, dove spesso il caffè non è che una stanza sola. Vi si beveva un caffè buono, del quale io era ghiotto. Ma ciò che mi tirava là erano i giornali francesi. C'erano lí il "Siècle", i "Débats"; c'erano anche, pe' negozianti inglesi, il "Times", il "Morning-Post". Scrivevo e pronunziavo il francese poco bene, ma l'intendeva benissimo, e leggevo in un baleno. Trovai nei "Débats" le tornate della Camera dei Deputati e del Senato. Mi ci gittai sopra con avidità. Quella lettura divenne per me come una malattia, che mi si era appiccicata addosso: non potevo starne senza. La domenica, che non c'era tornata, mi sentivo infelice.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Collegio Caffè Gigante Leopoldo Borbone Napoli Camera Deputati Senato