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      Io mutai colore. Perché non lo presi per il braccio e non lo misi alla porta? Ora mi viene questa idea; ma non mi venne allora. Ero di una estrema delicatezza, e non avrei osato mai piú di dire a taluno: "Andate via". Fare cosa poco amabile o poco piacevole non mi veniva in mente. Mi risolsi di dirgli cosí come era la cosa. E lui a fare le grandi meraviglie. "Come! voi siete il grammatico, avete in corpo tutte le grammatiche, e dovete prepararvi la lezione? Ma voi pigliate le cose del mondo troppo tragicamente. Con questi giovinotti sballate due o tre regole, fate qualche barzelletta, e salute a voi. Volgete le spalle e non ci pensate piú, e non mi fate la faccia di spedale con quel chiodo fisso nel cervello". E si rimise tra quel monte di libri, scartabellando. "Per Iddio! ma siete matto a mettervi tutta questa roba in capo? Bembo, Salviati, Varchi, Castelvetro, Buommattei, Corticelli, bum!" E volgeva le pagine e mi parea che le stracciasse, cosí andava presto. Poi, cavato l'oriuolo, disse: "È ora di pranzo, buona lezione"; e andò. Io respirai.
      Quel pensare per le strade mi dava la giravolta; spesso piú ripensavo e piú mi si guastava il pensiero o la frase; non vedevo piú la cosa, l'andavo cercando e non la trovavo, e piú mi si assottigliava il cervello, e piú quella mi si oscurava. In verità, tutto questo travaglio era vano e nocivo; la lezione si faceva qualche ora prima di andare a scuola. La pressura del tempo m'ispirava, m'illuminava; io giungeva caldo a scuola, e parlando, le cose mi venivano incontro di per sé, e mi ridevano.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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