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      Con questa tendenza filosofica, corroborata da studi vecchi e nuovi, io conciavo pel dí delle feste i cinquecentisti, e facevo lucere innanzi alla gioventú uno schema di grammatica filosofica e metodica, quale appariva negli scrittori francesi. Dicevo che costoro erano eccellenti nell'analisi delle forme grammaticali, risalendo alle forme semplici e primitive: cosí "amo" vuol dire "io sono amante". La ellissi era posta da loro come base di tutte le forme di una grammatica generale. Questo non mi contentava che a mezzo. Io sosteneva che quella decomposizione di "amo" in "sono amante" m'incadaveriva la parola, le sottraeva tutto quel moto che le veniva dalla volontà in atto. I giovani sentivano quei giudizii acuti con raccoglimento, e mi credevano in tutta buona fede quell'uno che doveva oscurare i francesi e irradiare l'Italia di una scienza nuova.
      E in verità io sosteneva che la grammatica non era solo un'arte, ma ch'era principalmente una scienza: era o doveva essere. Questa scienza della grammatica, malgrado le tante grammatiche ragionate e filosofiche, era per me ancora un di là da venire. Quel "ragionato" appiccicato alle grammatiche era una protesta contro la pedanteria passata, e voleva dire che non bastava dare le regole, ma che di ciascuna regola bisognava dare i motivi o le ragioni. Paragonavo i grammatici o accozzatori di regole agli articolisti, che credevano di sapere il Codice, perché si ficcavano in capo gli articoli, parola per parola, e numero per numero. Ma quel ragionare la grammatica non era ancora la scienza.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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