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      La grammatica non s'insegnava che ai bimbi, e mi biasimavano che insegnassi grammatica a giovani fatti. "Ma c'è o non c'è una scienza della grammatica? - strillava io inferocito e con molti gesti. - E questa grammatica generale, comparata, filosofica a chi la insegnerete voi? Ai bimbi non di certo. Non è a lamentare che nei quadri universitari non ci sia la grammatica generale?"
      In verità, io era il solo che insegnassi una grammatica di quella fatta, e, se molte osservazioni erano piú sottili che vere, se il metodo era forzato, se il contenuto era monco, se quella costruzione temeraria avea dell'affrettato e dell'imperfetto, se molte di quelle cose non attecchivano e non lasciavano orma, certo è che, fatta a quel modo, svegliava e alzava l'ingegno. Quel disprezzo delle apparenze; quel guardare di sotto alle forme; quel pigliare per punto fermo il contenuto, il pensiero, il significato; quei conati dietro all'unità, cercando il simile e il regolare in quel mare d'irregolarità e di eccezioni; quel continuo esercizio di composizione e scomposizione rinvigoriva gl'intelletti e li predisponeva alla scienza. Se in questa grammatica abbondava la scienza, molto scarsa era la parte dell'applicazione e dell'esempio. Io credeva che una gran parte della grammatica si dovesse studiare in modo pratico, leggendo, scrivendo, parlando. Ridotta la grammatica a generalità scientifica, ciò che propriamente si diceva "arte" io lo andava mostrando nelle letture, nelle composizioni e nelle conversazioni, con esercizi svariati e ingegnosi.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249