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      In quell'anno lessi dei brani del Pandolfini, del Compagni e di Frate Guido da Pisa, e terminai con la famosa leggenda del carbonaio di Iacopo Passavanti. Nella prima lettura non andai piú in là del primo periodo del Governo della famiglia, e ci feci sopra le piú nuove e le piú sottili avvertenze, indicando le differenze di tutti quei sostantivi ammassati l'uno su l'altro, che esprimevano delicate gradazioni di una stessa cosa, e parevano simili ed erano diversi, e spiegavo anche il perché del loro collocamento. Spesso tiravo fuori il capo da queste nebbie di minute osservazioni, e mi trovavo in puro cielo, nel cielo luminoso dell'arte, e m'entusiasmavo io, e tutti si entusiasmavano, mutando io voce e colore e accento. Mi rimane ancora oggi l'impressione viva che fece la lettura del convito del Pandolfini. Quando lessi: "spento il fumo alla cucina, è spento ogni grado e grazia", e quando, con intonazione solenne, uscii in quel "solitudine e deserto", quella vivace gioventú non si poté contenere, e proruppe in applausi, affollandomisi intorno. Quella descrizione magnifica degli apparecchi del convito, dove tutto è pieno di senso, ch'io annotava e scolpiva, si trasformava nella mia calda analisi in una scena drammatica. Un'impressione piú durevole forse fece la descrizione graziosa di una festa, nella quale il nostro messer Agnolo Pandolfini colse la moglie che s'era imbellettata. Fece ridere quella "faccia imbrattata a qualche padella in cucina", e tutti colsero il garbo e la bonomia che è verso la fine, quando il marito, vedendola piangere, dice: "Io lasciai che s'asciugasse le lagrime e il liscio". Pure, questo benedetto libro non l'ho aperto piú dopo quel tempo, sono passati tanti anni e tante vicende, e queste frasi mi tornano alla memoria, e mi tornano quelle letture come se le facessi ora, sí forte fu l'impressione.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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