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      Questo pareva a me, che spesso mi sono ingannato, supponendo nella gente sentimenti troppo delicati e raffinati. A lui parve, non sentendo piú i miei rimproveri, d'essere come scarico d'un gran peso, e s'indurí e si senti piú libero. Io che non gli vedevo cambiar registro, avrei dovuto cambiarlo io, e prendere altra via; ma la scuola mi teneva tutto a sé, e poco mi giungevano i rumori del mondo.
      Un giorno, rimasto solo in casa, stanco di passeggiare e fantasticare per il solito stanzone, mi sedetti e tirai a me il cassetto della scrivania, e lo trovai vuoto, e rotta la serratura. Rimasi spaventato, e non credevo a me e non sapevo come l'era andata; ché lí dentro ci doveano essere i miei sudati danari, e non ci trovai niente. Con gli occhi smarriti corsi nella stanza da letto per vestirmi e correr giú, per isfogarmi con la famiglia Isernia ch'era al primo piano. E non trovavo gli abiti, e fremevo d'impazienza; e mi volto di qua e mi volto di là, gli abiti non li trovo. Erano scomparsi insieme con i miei danari. Venne Enrico e gli contai la cosa. Rimase intontito. Mio fratello avrebbe dovuto già essere a casa, e non si vedeva. Ci mettemmo a tavola muti. Nessuno osava dire all'altro il suo sospetto. "Ma, che è successo? - scoppiai io. - Vito non viene!" E m'infilai certi calzoni vecchi, e con gli occhi di fuori lo andai cercando per le vie di Napoli cosí all'impazzata. Fui dalla zia e da don Nicola Del Buono, alla sua scuola, da parecchi amici: nessuno seppe dirmi niente. Tornai costernato.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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