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      Metti pure il continuo travaglio della mente sui libri, e quell'aculeo del cervello che è la meditazione, diventa una abitudine e quasi un fantasticare, quando ci mancava sotto un fondamento serio. Questa era la mia vita. Mancavano quelle lunghe passeggiate che pur mi tenevano su, negli anni passati; mancavano pure le allegre conversazioni giovanili in casa Puoti, de omnibus rebus, che portavano al mio spirito notizia del mondo di fuori e lo dissetavano. La mia vita era monotona, quasi una ripetizione quotidiana. Seppellito nella scuola, sempre nello stesso piccolo cerchio d'idee, il cervello si fissava, e, attivissimo in un punto, rimaneva quasi stupido in tutti gli altri aspetti della vita. Di sentire delicatissimo, quell'ambiente volgare e grossolano in cui ero pur costretto di vivere, mi offendeva e mi guastava i nervi, sí che sempre mi sentivo esule dalla società, e cercavo rifugio nei giovani. Dimagravo a vista d'occhio; ero gracilissimo, spesso infreddato, e passavo i giorni fra tosse e mal di gola. Una buona igiene poteva forse guarirmi; ma ero inesperto e spensierato. Le occupazioni si prendevano tutto il tempo; pure, in certi ritagli della giornata contentava la mia voglia sfrenata di leggere, e la mia faccia gialla cadeva sui libri. Quel frequente chinarsi del petto e del capo mi aveva incurvato il dorso. Talora volevo leggere quello ch'era necessario a sapersi per la mia lezione: ma che! cominciato, non finivo piú che non finisse il libro. Sceglievo un periodo per la lettura; ma l'un periodo si tirava appresso l'altro, e divoravo le pagine, e passavo ore intere come immemore.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Puoti