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      Poi, con la mia schiettezza, gli dissi: "Io ho lodato i puristi veri, come voi; ma ho dato addosso agli ultra-puristi, come sono certuni che vi riferiscono male le mie lezioni". E guardai intorno; ma nessuno mosse collo. Il marchese si pose tra noi come un generale che si pone al centro del quadrato, e disse: "Figliuoli, il purismo è uno: non c'è vero e falso purismo. Chi fa questo distinguo, non ci crede piú". Poi fece una lezione a braccia. "Non si tratta, diceva, di arricchire la lingua; la nostra lingua è copiosissima piú che ogni altra di vocaboli e di modi di dire, e si vuole scerre il piú bel fiore, e gittar via le scorie e le male erbe". Su questo tuono disse molte belle cose. La gragnuola veniva tutta addosso a me; ma io stava lí ritto e insensibile, come se non mi accorgessi di nulla. Restammo pochini. Il marchese, che mi vedeva bene e conosceva la mia modestia e la mia sincerità, e come io l'aveva in luogo di padre, disse: "Senti, Francesco, lasciami stare tutte queste teorie che sono cianciafruscole, e batti al sodo: lettura e composizione".
      Andai via pensieroso. Lettura e composizione erano il mio cavallo di battaglia. La mia natura mi tirava appunto al concreto; nelle mie analisi, sia che avessi innanzi qualche brano da esaminare, sia che avessi qualche componimento da criticare, sentivo piú diletto e piú sicurezza che nelle astrazioni, e mi c'immergevo tanto, che talora finivo rauco, stanco, ma non sazio. Dimoravo mal volentieri nell'astratto, e ne scendevo subito, per pigliar fiato e luce.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Francesco