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      Io li lascio lí ad esclamare, e mi pianto su l'uscio, e guardo su, dirimpetto, al terzo piano, e vedo il balconcino; ma non c'era lei. Povera Agnese! Mando cosí un respiro alla creatura dei miei passati dí, e torno lentamente a casa, pensoso e tutto pieno di questa giornata. Ho voluto raccontarla.
      Sicuro! Dirimpetto al mio balcone era un balconcino, sul quale gli studenti gittavano furtivi sguardi. Assorto negli studi, non me n'ero avvisto; poi, guardai anch'io. Avevo preso l'abitudine di gittar per via occhiate alle donne, senza malizia, perché il mio spirito era altrove. In Napoli c'è spesso un saettío di occhiate tra balcone e balcone: cattiva abitudine anche questa. Ciò si chiama uno spassatiempo, un modo di passare il tempo. La donna era per me non so che vicino alla Divinità, troppo lontana da quelle ombre femminili che mi rasentavano il fianco per via. Il mio intelletto, profondato negli studi, era rimasto involuto, e non c'era entrata la malizia. Guardai a quel balconcino, e vidi una signorina vestita con semplicità non priva di gusto, un po' magrolina, con due occhi che parlavano. Ero cosí timido che non osavo guardarla fiso in faccia, e la guardavo con la coda dell'occhio. Ella stava lí come una esposizione, e si faceva guardare. Talora la guardavo per di sopra a un libro che avevo in mano. Anche passeggiando e ripensando la mia lezione, gli occhi scappavano verso il balconcino. Sembra che ella sapesse tutte le mie ore, perché, affacciandomi, la trovavo sempre lí. Se con me erano altri giovani, la stava pur lí e tirava occhiate di fuoco, mentre io voltavo le spalle per non farmi scorgere.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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