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      Suo bersaglio era principalmente Giambattista, che gli passava tutto con un mezzo riso, tenendosi sempre dalla sua. Prendeva aria di gran signore, affettava una superiorità benevola, che si esalava nei motteggi fatti con certo garbo di giovane a modo. C'era in quel suo riso un'amabilità che troncava le punte, e non ti dava modo di mostrarti offeso. Era un buon compagnone e un buontempone, vago di sollazzi tra gioviali brigate. Giambattista era il contrapposto di lui; la sua serenità era in contrasto grottesco con quella leggerezza capricciosa del greco. Veniva anche alla scuola; ma il suo spirito vi rimaneva estraneo, e stava lí solo per far raccolta di sali e di motti. Soleva mettere in caricatura tutti i nobili sentimenti; era come il diavolo in chiesa. Se la pigliava alcuna volta col povero don Francesco: non sapeva cosa ci venisse a fare lui, in quella età. Religione, patria, libertà, scienza, tutto ciò che faceva risuonare le nostre anime, rimaneva senza eco in quello spirito mobile. Nondimeno gli volevano bene, conversavano volentieri con lui, e lo trovavano un buon amico. Parecchi gli si attaccavano ai panni, e facevano le scampagnate con lui, tutto contento di fare le spese.
      Questo diavoletto mutò le mie abitudini. Da modesto nel vivere e severo nel volto, mi fece allegro per forza, e prodigo. Vedendo che gli piaceva la compagnia, a tavola non mancavano mai invitati, amici suoi o miei. Si faceva del chiasso, si consumavano allegramente i cinquanta ducati. Sopraggiunse il babbo, che faceva lui solo per tre giovinotti, e inventava sollazzi e facezie, in buonissima lega col greco.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Giambattista Francesco