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      Egli dee entrare in comunione intellettuale con la gioventú, e farla sua collaboratrice. È in questo lavoro di tutti e di ciascuno che si genera l'amore del vero, il desiderio della ricerca e dell'esame, la pazienza dell'analisi; è in questa collaborazione che si fondano le amicizie e si formano le piú nobili qualità dell'anima, le piú alte aspirazioni, il culto della scienza accompagnata dalla modestia e dalla bontà". E questa fu la mia rettorica.
      Venne poi la poetica. Qui non avevo che studi superficiali. Non ebbi mai la pazienza di legger tutta intera l'Arte poetica di Orazio o di Boileau, o la Ragion poetica di Gravina. Costui, malgrado gli elogi del marchese, m'era antipatico; lo trovavo pesante e pedante, spesso piú acuto che vero. Della metrica conoscevo solo le divisioni e suddivisioni dei trattati scolastici; la materia era quasi nuova nelle sue profondità. Non avevo tempo di leggere; mi posi a meditare e ad osservare. Sentivo un giubilo, quando quel mondo a metà oscuro mi si rischiarava; e quel giubilo brillava sulla faccia dei giovani, attirati da osservazioni inaspettate. Mi fermai molto sull'endecasillabo, ch'io chiamai potentissimo, mostrando le ragioni della sua superiorità sull'alessandrino, la cui monotonia, cantilena e parallelismo mi spiacevano. Mostrai la flessuosità del nostro endecasillabo, che, mediante la posizione degli accenti, rispondeva a tutti i bisogni della melodia e dell'armonia. Notai che, come le parole e le frasi, cosí i versi non vanno considerati solo in se stessi, come buoni o cattivi, ma ancora e principalmente per rispetto alle cose.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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