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      Perciò la magnificenza è qualità relativa, e, a pigliarla in senso assoluto, è cosa cosí biasimevole, come in prosa l'eleganza ricercata e l'ornamento. Dissi che i principii generali dell'arte dello scrivere intorno al modo di concepire, di situare e di esprimere gli oggetti, sono i medesimi anche per la poesia. La differenza è nel fine e nella facoltà motrice, la quale nella prosa è l'intelletto, e nella poesia è la fantasia. Riserbando a uno speciale trattato questo studio, e tornando alla metrica, dissi che tutti i metri sono parti e frammenti dell'endecasillabo, nel quale spesso ci è la risonanza di questo o di quello, come del quinario, del settenario, del decasillabo. La lettura dei versi prese per noi un nuovo sapore. Facevo osservazioni piccanti e minute sul loro congegno e sui vari effetti di melodia. Distinsi il verseggiatore dal poeta. Colui era un fabbro piú o meno perito, non un artista. Venni alle rime e poi alle strofe, e feci una breve storia del sonetto, della canzone, della terzina, dell'ottava e del verso sciolto, secondo i tempi e secondo gli autori. Parlai della poesia solenne e della poesia popolare. Mostrai che il cammino delle forme poetiche è determinato dalla civiltà, e si va sempre verso la maggiore libertà di congegno e verso la maggiore popolarità. A quel modo che la lingua, arricchendosi, va sempre piú rompendo i suoi nativi confini, e si va sempre piú accostando alle forme popolari del dialetto; a quello stesso modo la poesia produce con piú libertà nelle sue forme, e si rinfresca e si rinsangua nell'immaginazione popolare.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249