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      In quel tempo la reazione contro l'idolatria delle forme conduceva all'idolatria del concetto, tenuto come criterio principale e quasi unico del valore di un'opera artistica. Si disputava se il concetto era buono o cattivo, volgare o nobile, vero o falso. Queste dispute sorgevano anche intorno al Leopardi. Io sostenni che il concetto non esiste in arte, non nella natura e non nella storia. Il poeta opera inconsciamente, e non vede il concetto, ma la forma, nella quale è involto e quasi perduto. Se il filosofo, per via di astrazioni, può cavarlo di là e contemplarlo nella sua purezza, questo processo è proprio il contrario di quello che fanno l'arte, la natura e la storia. Si può della storia, della natura e dell'arte fare una filosofia, ma è un lavoro ulteriore del pensiero su quelle produzioni spontanee. Perciò distinsi la forma dalle forme, e chiamai forma, non il concetto, ma la concezione, che è come l'embrione generato nella fantasia poetica. In questa produzione il poeta non sa quello che fa, appunto come la natura. I poeti primitivi sono assolutamente incoscienti, sono espressione spontanea e immediata di tempi tutto senso e immaginazione. Nei nostri tempi il critico e il filosofo coesistono nella mente, accanto al poeta: onde nasce una poesia riflessa. L'intelletto come tarlo penetra nella fantasia; ma nei grandi poeti la fantasia sommerge e sperde in sé il concetto, e lo profonda in modo nella forma, che solo piú tardi un'acuta riflessione può ritrovarlo. Anche oggi si disputa quale sia il concetto della Beatrice e della Margherita, il che dimostra l'eccellenza di quelle concezioni.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Leopardi Beatrice Margherita