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      Non sapevo piú là del walzer tedesco; le chiamate della contraddanza poco mi volevano stare in mente. Non era ancora di moda la polka, ma c'era il walzer saltante e non so quali altre novità, e io con tutti quei sopraccapi ci metteva poco studio. Poi ero tutto d'un pezzo, come diceva il marchese, e non ci avevo grazia. Aggiungi una cert'aria professeur, come diceva il greco, l'aria del mestiere, che ti sale sulla faccia. I motteggi m'impacciavano di piú.
      Si danzava quasi sempre nel gran salone, che qui chiamano galleria, sotto a cui stavano due stanze da letto di un commissario di polizia. A quel chiasso questi s'inalberò, e volle intimidirmi, abusando del suo ufficio. Io non sapevo nulla dei fatti suoi, anzi neppure chi abitasse in quella casa, sprofondato nelle mie lezioni. Un dí venne un feroce, come chiamavano la bassa gente di polizia, e m'invitò a recarmi presso l'ufficio. Era la prima volta che mi succedeva questo. La polizia era per me un nome scuro e pauroso, ma non altro che un nome; non ci avevo avuto mai che fare. Ci andai con la faccia scura: "Che sarà?" Trovai lí un signore grosso e tondo, che fece una brutta cera, e mi scaraventò certe parole grasse alla napoletana. Io restai grullo. Quando la tempesta finí, e mi fece capire cosa c'era sotto, io, sicuro del mio diritto, e poco pratico del mondo, risposi secco che in casa mia ero io il padrone, e potevo ballare a mia posta. L'amico, rauco per lo sforzo della voce e per la rabbia, balbettò che mi avrebbe insegnato lui l'educazione.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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