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      Era giovane laborioso, pratico della lingua, e per la natura della sua mente poco atto ad altro indirizzo. Stava strettamente alle opinioni del marchese, ed era il suo piú fido interprete presso i giovani.
      Anche don Francesco, che seppi essere il barone Corvo, assisteva alle mie lezioni, primo a venire, ultimo ad andar via. Aveva preso molta dimestichezza coi giovani, e stava in mezzo a loro, come papà. La sua modestia e il suo riserbo gli mantenevano riverenza, e non ricordo che alcuno abbia mai abusato di quella familiarità. La disciplina si rallenta quando il movimento intellettuale stagna e l'attenzione non è tenuta viva da cose interessanti. Ora, nella scuola non c'erano parentesi, non digressioni; anche parlando a uno, dicevo cose che tutti avevano interesse a sapere, e perché non solevo ripetermi mai, c'era del nuovo che tenea desta la curiosità. Una, sera, cominciata già la lezione, entrava Ferdinando Vercillo. Era un giovane elegante, guantato, ricercato nel vestire, e portava un cappello a punta allora in moda, e certi scarpini rumorosi. Fu accolto dai giovani con un suono che voleva dir "zitto!", e che a me parve un sibilo. Questo mi turbò assai. Feci vive lagnanze, dicendo con voce commossa che l'era un fatto grave, senza esempio nella mia scuola. Nessuno fiatò. E io, eccitato dalle mie stesse parole, lasciai lí la lezione e non volli continuare, congedai tutti bruscamente. Se ne andarono mogi, in silenzio. Dopo mi fu spiegato il caso, e ripigliai le lezioni. Questa era la disciplina della scuola.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Francesco Corvo Ferdinando Vercillo