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      Onde veniva all'Italia quella nuova ispirazione? Dissero d'oltremonte. Narrarono che il giovine Manzoni, partito d'Italia tutto pieno di Alfieri, fosse venuto di Parigi romantico e cattolico, capitato in quei circoli intedescati, che facevano opposizione all'impero, o piuttosto alla rivoluzione, e proclamavano la legittimità e il dritto divino. Parve al giovine vedere mondo nuovo, e gl'Inni uscirono da quel primo entusiasmo religioso, che accompagnava a Roma il Papa reduce, ispirava ad Alessandro la federazione cristiana, prometteva agli uomini stanchi un'èra nuova di pace. La giovine generazione sorgeva tra queste illusioni; e mentre il vecchio Foscolo fantasticava un paradiso delle Grazie, allegorizzando con colori antichi cose moderne, Manzoni ricostruiva l'ideale di un paradiso cristiano, e lo riconciliava con lo spirito moderno.
      Il medesimo fu di Cesare Beccaria. Anche lui era stato a Parigi, e n'era venuto volteriano ed enciclopedista. Da Parigi veniva la rivoluzione, da Parigi veniva la reazione. L'Italia era uscita dalla sua solitudine intellettuale ed era al séguito, riceveva l'impulso. Il centro più vivace di quel moto europeo in Italia era sempre Milano, dov'erano più vicini e più potenti gl'influssi francesi e germanici. Là s'inaugurava nel Caffè il secolo XVIII. E là s'inaugurava nel Conciliatore il secolo XIX. Manzoni succedeva a Beccaria, e i Verri e i Baretti del nuovo secolo erano i Pellico, i Berchet, i Grossi, i D'Azeglio.
      Il fenomeno non era solo italiano, era europeo.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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