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      Sopravvenne Manzoni, e ripigliò la riforma del secolo decimottavo contro questo nuovo classicismo. Il motivo della riforma è quel medesimo: rappresentare dal vero, secondo natura, sbandire ogni artificio, ogni maniera, ogni convenzione; ritornava il motto del vecchio Goldoni. Manzoni però esagerava quel concetto, ponendo a base della riforma non il vero, ma il reale, e intendendo per reale l'esistente e l'avvenuto, la natura e la storia.--Guardate il fanciullo, egli dice; subito domanda: è vero?, e si stringe nelle spalle, come un disilluso, se gli fai intendere che è una invenzione. Capisce la realtà, non capisce l'invenzione--. Osservazione giusta, ma che prova contro di lui. Perché nel fanciullo non si è ancora sviluppato il senso estetico, e non capisce l'invenzione, perché non capisce l'arte. Né l'arte è un frutto di tutt'i paesi, e colà stesso ove germina, non matura che assai tardi e dopo lunga educazione. E dove matura, nasce un effetto contrario a quello che Manzoni presume. Perché colui che ha il sentimento dell'arte, ci trova entro una finzione o imitazione dal vero, non il reale positivo o storico, ma un'ombra, una immagine, una parvenza del reale. E non cerca qual fondamento di storia abbia la favola, ma qual fondamento di verità. Il vero chiamisi pure il reale, ma a patto che sia reale artistico, e non naturale e non storico. Achille fu un personaggio storico? L'investigazione può interessare l'erudito, e non dico già che sia una quistione indifferente, dico che è una quistione estranea all'arte.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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