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      Ci era la nobiltà, ma il suo ideale viveva solo nelle immagini de' maggiori; ci era il convento, ma già guasto ne' suoi strati superiori; ci era la monaca, ma non ci era quasi più la santità e la spontaneità della vocazione; ci era il frate, ma il suo ideale era solo nelle sue massime e nelle sue prediche; e appena il suono delle campane e il rumore delle processioni ti annunziava che questa società era cristiana e cattolica. La virtù era ipocrisia, la coltura era pedanteria. Tutti avevano imparato a scuola o a chiesa o ne' libri i comandamenti di Dio e le più belle sentenze morali, le quali servivano a decorare i periodi di don Ferrante e il cicaleccio di donna Prassede. Ora una società in decadenza la si può guarire meglio ristaurandovi l'antico ideale smarrito, ma non perduto, che con ideali affatto nuovi. Questo è ciò che dicesi ideale di ritorno; ed un ideale che ha la forza di ritornare, si rifà giovane, perché gittando via la scoria e riacquistando l'antica purezza appar nuovo, e ricupera il suo movimento interno, la sua virtù evolutiva e trasformativa, sì che può ricevere in sé elementi nuovi e moderni. Di tal natura è l'ideale manzoniano, il più puro e insieme il più moderno di tutti gl'ideali, non dirò della reazione, ma della restaurazione europea: un ideale vecchio, già smarrito tra le caricature e i sarcasmi, e che ora vi riapparisce come una vecchia conoscenza mai del tutto dimenticata. E riapparisce come cosa nuova che si fa via nella tua coscienza, perché parla il tuo linguaggio e sente i tuoi sentimenti; onde, ancora che antico, produce nuove impressioni.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





Dio Ferrante Prassede