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      Ma le macerazioni, le penitenze, le volontarie umiliazioni non valgono a spendere in tutto l'antico Adamo, che pur talora risorge e si ribella, ciò che rende più drammatica la vittoria del convertito. Il suo ideale è l'umiltà evangelica, il perdono delle offese, che brilla ancora più in animo naturalmente violento. L'opposizione non è così importante, che costituisca un serio interesse drammatico, ma basta a gittare una varietà di accento e di colore in un ideale troppo assoluto di santo.
      Don Rodrigo è lo stesso ideale preso a rovescio: natura violenta e inculta, guasta ancora più dalla falsa educazione e dalle male abitudini della sua posizione sociale. Non è già un tipo di malvagio, un vero contro-ideale. Questo è certo il posto assegnatogli nel Romanzo, questo il suo significato, ma solo come genere. La sua individualità è prodotta da un complesso di motivi storici. Egli è il nobilotto degenere di villaggio, l'antico feudatario che reputa tutto intorno, uomini e cose, come roba sua, e cerca far valere il suo dritto con la forza, circondato di bravi. Il mondo non è più lo stesso: ci è lo Stato e la legge; ci è un'ombra di borghesia incontro a lui, il podestà, il console, il notaio, l'avvocato; questo lo rende anche più cattivo, costringendolo a congiungere con la violenza l'intrigo e la corruzione. La sua vita non ha scopo; l'ozio rode in lui tutto ciò che di elevato vi avea posto natura e lo volge al male. Pesa su di lui l'atmosfera della sua classe. Ciò che lo spinge o lo frena, è questa interrogazione: - Cosa diranno di me i miei pari?


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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