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      Disposando mi avea con la sua gemma.
     
      Nient'altro dice la Pia, pure è rimasta una figura immortale, fresca e viva nella storia.
      Quel richiamare il tempo della felicità, l'immagine dell'uomo che l'avea sposata senza nominarlo, senza parole di odio, e il ricordare il tempo nel quale colui le avea dato l'anello, e quel «Siena mi fé, disfecemi Maremma», sono brevissimi tratti che pur rinchiudono e disegnano una intera storia - la quale poi il Sestini diluì in una novella, prima che Manzoni concepisse la sua Ermengarda. E Pia è un carattere muto. Il poeta è in diritto di trattare tutt'i caratteri e tutti gli argomenti, niente gli vieta di scegliere piuttosto uno che un altro. Ma Ermengarda non è un carattere muto per temperamento o per arbitrio del poeta; ma per necessità della situazione. Si trova collocata in tale condizione dagli avvenimenti, che non può, non deve parlare, non dee esprimere quello che avviene nel suo animo. Un altro esempio, la Mirra di Alfieri. Mirra è muta per necessità della situazione: il momento in cui le esce di bocca il fatale segreto del suo amore pel padre, è il momento della sua morte. Dunque i caratteri muti sono tali per necessità della situazione. E qual'è la situazione di Ermengarda?
      Un personaggio poetico ha tutta una vita: il poeta sceglie il momento in cui esso acquista carattere, una tendenza ideale, e quel momento è la situazione del personaggio stesso. Ermengarda, sorella di Adelchi, figlia di Desiderio re dei Longobardi, tanto amata da sua madre che presto morì, avea una sorella monaca, divenuta badessa del convento del Salvatore a Brescia.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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