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      A noi ora importa poco vedere se ha ragione o torto. Pietro Verri dice che il Carmagnola fu reo, Manzoni lo nega; la tesi appartiene agli storici, a noi importa vedere se Manzoni ha potuto raggiungere il suo fine. Se egli vuol rappresentare Carmagnola non come essere fantastico, ma con quei caratteri che gli dà la storia, comprendete cosa sia la composizione di questa tragedia storica. Manzoni sceglie in tutta la storia del Conte un punto di partenza, e dopo vi presenta i fatti non legati artificialmente ma successivamente, come appunto nella storia. Pure c'è un certo filo ideale che li aggruppa insieme, e non si hanno scene cucite fra loro a suo arbitrio, come gli rimproveravano i critici di quei tempi, tra cui Paride Zaiotti. La composizione storica deve essere pur fatta con un certo artificio e legame che dia il concetto dell'insieme.
      Il Conte di Carmagnola prima di essere conte era semplice pastore. Incontrò una truppa di avventurieri, e costoro l'istigarono ad andare con essi. Egli era di ingegno pronto, avea coraggio, audacia, tutte le qualità che fanno andare innanzi un uomo, specialmente in tempi in cui non c'è una forza speciale che impedisca lo sviluppo della potenza individuale. Carmagnola giunse ad avere una truppa, e con questa conquistò il ducato di Milano, ne fece dono a Filippo Maria Visconti, di cui sposò la figlia. Giunto qui diventa uno strumento non più utile, ma pericoloso.
      In que' tempi di violenza non poteva piacere ad un principe aver vicino un uomo così potente, così amato dai soldati.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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