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      Ciò posto, il critico si mette la lente e vuol trovare per forza questa idea nella tragedia di Manzoni, il quale non ci ha mai pensato. Crede trovarla in quel
     
      venduto ad un duce vendutoCon lui pugna, né chiede il perché;
     
      ma poi osserva che questi versi sono avvolti in un lungo Coro, e rimprovera a Manzoni il non aver pensato a ciò, a cui ha pensato egli. E dice: - Che interesse possiamo sentire pel Conte? È bello certamente il morire per la patria. (Sentimento nobile questo, in uno di que' tedeschi che si hanno fondato una così bella patria). Ma il Conte è un uomo il quale non ha patria, non ha fede, è dominato dall'egoismo, opera per vendetta. Allora Manzoni dovrebbe mostrarci che egli riprova questo carattere immorale, e che la catastrofe è pena condegna a questo carattere - .
      E divenendo audace come tutti i critici pedanti, fa quest'insinuazione: che se Manzoni non dipinge questo sentimento patriottico, è perché la sua anima non aveva sentimento patriottico. Il critico non pensava che pochi poeti avrebbero saputo concepire come Manzoni il Coro del Carmagnola e quell'altro dell’Adelchi, di cui pure ci occuperemo in seguito.
      Voi sentite quanto ci è di arbitrario e di pedantesco in queste osservazioni, che nascono da un certo falso concetto sull'arte, sul bello, sulla moralità e simili cose.
      Ora dobbiam vedere con la guida di quella teoria che vi ho esposta, perché veramente il Carmagnola è difettoso, e quali ne sono i veri difetti.
     
      [Ne La Libertà, 1-3 marzo 1872].
     
     
     
      Lezione VI
     
      [«IL CONTE DI CARMAGNOLA»]


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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