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      Manzoni esamina questo piano nella sua risposta e lo confuta. con molte ingegnose osservazioni. - È bene immaginato, egli dice, ma non ha nulla che fare con la storia: ai tempi di Carmagnola popolo non ce n'era, popolo consapevole di sé, tale da poter gettare il suo peso sulla bilancia. L'esercito era lontano dal Conte, e se fosse intervenuto, avrebbe disfatto il Senato, anche se il Conte non lo avesse voluto. Le donne non prendevano parte alle lotte politiche, rimanevano chiuse in casa, e perciò non le introduco che all'ultimo nella tragedia. Tutto questo bel romanzetto di Chauvet non è tragedia storica, e il fondamento dell'interesse tragico dev'essere qualche cosa di serio che nasca dal movimento storico e non già un parto della fantasia - .
      Così Manzoni in quella lettera rivela ciò che ha voluto fare, quali sono stati i suoi fini, e noi senza smarrirci in altre indagini, abbiamo lui stesso che dice: - Ho voluto fare, ho fatto così -. Che cosa ha voluto fare? Rappresentare la lotta tra il potere civile e il potere militare, quello personificato dal Senato, questo dal Conte di Carmagnola. Da una parte il potere militare turbolento, indisciplinato; dall'altra il potere civile conscio della sua debolezza, furbo, volpe come quello è leone. Ultima conseguenza è che il leone è vinto dalla volpe, trionfa il potere civile, il Conte soggiace.
      Questa idea drammatica come l'ha condotta Manzoni, dobbiamo ora vedere. La vita del Conte abbraccia molti fatti. Manzoni prende per punto di partenza l'arrivo di Carmagnola a Venezia; egli è innanzi al Senato, il quale dopo aver deliberato gli dà il comando delle truppe.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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