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      E allora quel Coro invece di comparire in mezzo alla tragedia a proposito d'una battaglia che è un accessorio, quel Coro che non ha nulla che fare con la battaglia, e lì rimane sconnesso dal resto; che effetto immenso produrrebbe, anche nella rappresentazione in teatro!
      E tutto ciò, dopo tre secoli, innanzi un popolo che per conseguenza di quella vita è stato servo or di questo or di quello straniero, di Tedeschi, di Spagnuoli, di Francesi. Se il poeta avesse fatto sentire in tutta la tragedia questa intonazione della vita italiana. come in quel
     
      Tu che angusta a' tuoi figli parevi,
      Tu che in pace nutrirli non sai;
     
      detto a un popolo anelante a nuovi destini, quel Coro produrrebbe un effetto straordinario: invece rimane un incidente. E si comprende perché la tragedia sia stata messa da parte, perché ciò che è rimasto ancora vivo nel paese sia il Coro, che il paese ha staccato dalla tragedia.
      Ma qui Manzoni esce fuori della drammatica e va nella lirica. In lui manca il sentimento del dramma, del conflitto, della «collisione»; ma mettendo le mani a questo Coro, il suo orecchio pare senta una nuova musica, il suo genio si risveglia, una nuova lirica gli si presenta, perché la sua potenza è lirica. Trovandosi innanzi questa nuova espressione lirica, trova una corda finora non toccata. C'è pure il sentimento religioso, il sentimento della fratellanza universale, come in quel
     
      Tutti fatti a sembianza d'un Solo,
      Figli tutti d'un solo riscatto;
     
      ma c'è qualche cosa di nuovo, ed è il sentimento nazionale.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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