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      Anch'essi volevano cacciare lo straniero, e questo importa notare, perché mostra quanto il sentimento nazionale erasi propagato, perché finanche i Gesuiti sentivano il bisogno di rispettarlo. Volevano ingrandire un po' il Piemonte, formare un grande Stato centrale in Italia sotto quel famoso Francesco IV, di cui Giusti disse che, novello Giosuè, valea fermare il sole; costituire un forte Stato papale; sicché in sostanza il papa fosse il capo vero di tutta l'Italia confederata.
      I «federali» e i «concistoriali» avevano dunque quasi lo stesso scopo, e tra essi, dal punto di vista dell'unità nazionale, c'era una certa somiglianza. Ma i federali volevano una monarchia costituzionale, liberale; quegli altri volevano l'annullamento del partito liberale, un'Italia degna dell'inquisizione, un ritorno al Medio Evo; perciò concistoriali e federali non andarono mai d'accordo: gli uni erano, come diremmo oggi, moderati pontificii, retrivi, gli altri moderati liberali.
      Ho voluto dirvi tutto questo per mostrarvi che foco era nelle menti, quante idee pullulavano, che era quella gioventù ridotta a cospirare fra quattro mura; ed ora vi dirò che influenza ebbe tutto questo movimento su Manzoni.
      Manzoni aveva scritto quella canzone quando c'era tutto questo fermento; non solo in lui, ma anche nei carbonari abbiam veduto il sentimento religioso collegato coll'idea della nazionalità, e ciò vi fa comprendere gl'Inni e spiega l'accoglienza che ebbe la poesia religiosa ne' tempi posteriori.
      Ora prendiamo Manzoni nel 1816, quando concepisce il Carmagnola e censura Alfieri perché introduceva il sentimento nazionale nella storia antica, quando si proponeva di chiudersi nella storia del secolo XV e non uscirne; prendiamo non più il critico, non il poeta, ma l'uomo, in mezzo a tutto quel movimento d'idee e di sentimenti, e vediamo quale impressione quella vita contemporanea fece su lui.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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