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      Se trovate nell'Adelchi semplice successione di fatti, senza processo logico, senza forza centrale che valga a raccoglierli e formarne un organico insieme, senza interesse drammatico, è evidente che il principale obbietto è nella parte storica e la tragedia ci sta come un'aggiunta.
      Manzoni stesso quella domanda se l'ha fatta, sentiva che in ciò ch'egli voleva fare non v'era materia tragica, che il semplice materiale storico non basta a produrre un'opera d'arte, e avendo un falso concetto dell'arte, falsamente s'è condotto, volendo innalzare quel materiale a vita artistica.
      Per Manzoni il materiale storico è il reale, l'arte è l'ideale, e questo per lui è innanzitutto l'inventato, l'immaginato. Ma perché il poeta non si contenta della realtà? Perché, dice Manzoni, ciò che egli deve produrre dev'essere il mondo della poesia, il quale consiste nella giustizia, nella generosità, e altre virtù: è insomma quel mondo cristiano che si vede negl'Inni.
      Il mondo prosaico è il reale, composto di bene e di male, di vizii e virtù; invece per lui nel mondo poetico dev'esserci il tipo. Lo stesso credeva Alfieri pel quale un personaggio non era il tale o il tal altro, era il tiranno, la madre e via di seguito. Manzoni che pur combatteva Alfieri, fa come lui, va al «tipico», facendo cioè dell'individuo un essere astratto, guerriero, patriota, capitano di ventura.
      Ciò posto, Manzoni dice a se stesso: - Questo è il reale, ora bisogna aggiungerci qualche cosa perché si animi e diventi artistico - .E va in cerca di quell'ideale che vuole aggiungere al materiale storico.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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