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      Dovreste attendervi nello stile e nella lingua qualche cosa di tedesco o inglese, o se non altro un'imitazione del linguaggio di Schlegel, di cui egli era tanto appassionato. Non è così. Come critico, egli è severamente italiano: ci si vede bensì l'uomo che è stato lungo tempo a Parigi ed ha familiari La Harpe, Marmontel, Voltaire, Diderot, D'Alembert. Educato con Gravina, Aristotile, Orazio, possiede anche un certo spirito, ironia, brio, tolti dai Francesi. Con quella forma italiana modificata dalla influenza francese, espone teorie che si accostano a quelle dei Tedeschi e degli Inglesi. Ciò annunzia uno spirito originale, un uomo che prende quelle idee, ma se le assimila, le modifica, le fa sue, le trasforma secondo il proprio criterio.
      In che sta l'originalità della concezione di Manzoni? Anzitutto il suo mondo morale e religioso non è quello di Goethe o di Schiller o di Shakespeare; è prodotto dal suo' spirito, modificato dalla sua immaginazione. Egli sostiene che il vero, il buono, e la loro manifestazione, il bello, non sono prodotti né dall'immaginazione né dalla coscienza individuale, perché allora sarebbero qualche cosa di variabile: han sussistenza in qualche cosa di concreto e positivo, hanno una base obbiettiva. E qual è questo concreto? La religione gli dà la sua sanzione: è la storia dell'uomo rappresentato nella sua caduta, nella redenzione, nell'opera dello Spirito Santo, della Chiesa che continua l'atto della redenzione, nella risurrezione dell'anima, nell'altro mondo cui è destinata la vita terrena.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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