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      Dapprima, nasce una contraddizione flagrante tra il mondo com'è realmente e il mondo del poeta: in lui è la giustizia, la virtù, la moralità, la bontà, il bello; fuori di lui è l'insipido, il vizio, la depravazione. La contraddizione giunge a un punto in cui l'anima del poeta erompe al di fuori. Questo è l'ideale negativo, perché sorge come negazione del mondo esteriore. Allora son venuti i Cori, uno allo spettacolo d'Italiani pugnanti contro Italiani, l'altro allo spettacolo dei Latini che sperano essere liberati dai Franchi, di
     
      un vulgo disperso che nome non ha.
     
      Qui la negazione tra il positivo e il mondo morale del poeta sorge sotto forma lirica.
      Oppure Manzoni mette l'ideale in qualche personaggio isolato che cerchi farlo valere nel mondo positivo. Se questo individuo, come il Marchese di Posa di Schiller, avendo un ideale dentro di sé, cercasse farlo valere anche a costo della morte, allora avremmo una grande creazione poetica. Ma per Manzoni l'arte deve servire solo ad illustrare la storia, non vuole un carattere che attirando tutta la nostra attenzione scemasse l'interesse storico. Allora, abbiamo personaggi fiacchi e deboli come Marco e Adelchi, che non hanno mai avuto influenza sui fatti storici, anzi l'hanno ricevuta da essi, e che muoiono vittime oziose, travolte dagli avvenimenti come canna dal vento.
      C'è però nel mondo positivo un momento che è nella realtà l'ideale dell'anima: è il momento della morte, lo sparire del terreno. Il poeta che durante la vita drammatica non trova modo di situare il suo ideale, nella morte lo fa trasparire.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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