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      La facoltà produttiva ha tre gradi: talento, ingegno, genio. Fino a quale altezza la facoltà informatrice di Manzoni si eleva?
      Il «talento» è la vita meccanica, il combinare idee, fatti, sentimenti, impressioni meccanicamente; ci riescono anche i mediocri. Così diciamo: talento di osservazione, perché ciascuno che ha occhi può osservare più o meno: l'osservare è un talento. In poesia il talento è immaginare una totalità, coordinarne le parti, serbare l'armonia fra esse, fare che non vi sieno dissonanze, ed anche un po' carezzare la frase, colorire le immagini. È la poesia degli uomini mediocri, de' poeti di second'ordine come il Prati e l'Aleardi. Non c'è l'ingegno, né a maggior ragione il genio; e si spiega perché dopo Ariosto e Tasso, per esempio, segua una lunga schiera d'imitatori, scrittori mediocri.
      L'«ingegno» è di pochi, ed un paese si onora quando rispetta quelli a cui si può applicare questa parola. È la vista interna, nel di fuori guardare il di dentro. Goethe dice: - Il tesoro s'ha da cercare nelle profondità della terra - ; e Heine dice: - La scienza s'ha da cercare nelle profondità della natura - . Questo squarciare la superficie e vedere ciò che di spirituale o di segreto motivo è nel di dentro, ecco la vista dell'ingegno. L'ingegno del poeta non è soltanto una vista dall'alto e da lungi come quella del filosofo e del naturalista: è una forza produttiva. Non solo spiega la vita, ma la produce. Perciò pel poeta non basta vedere bene i caratteri, la parte psicologica; ciò che basta al filosofo; egli deve avere la volontà di riprodurre e mettervi innanzi quella parte.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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