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      ...» - . C'è un salto dalle ultime parole; c'è stata in lui in quel frattempo una storia intima che bisogna rivelare per ispiegarci quel salto.
      Ecco quell'analisi che io vi fo, ed alla quale io richiamo la vostra attenzione, perché leggendo un autore, siate nel caso di conoscere e riempiere di simili lacune.
      Ci è dunque di nuovo in don Abbondio una interna espressione non espressa al di fuori, ma che ha prodotto quella frase. E qui notate che la differenza tra l'artista ed il critico è questa: l'artista non rivela il mondo interno se non nell'atto della vita, in quanto cioè esso ha una espressione, epperò la sostanza dell'artista è la forma; il critico al contrario prende per punto di partenza quella forma, quella frase, nella quale [si] sia prodotto il mondo interno, e rifà il cammino, investigando tutti i moti psicologici che han prodotto quella espressione. E precisamente il lavoro dell'arte è come quello della natura; la natura vi mostra infatti la produzione, ma non le forze produttive: la produzione, che si può dire la forma di tutte quelle forze latenti che stanno al di dentro; e similmente l'artista afferma tutto ciò che è rappresentazione di movimenti intimi. Ma come il filosofo, pigliando per base il visibile si gitta nell'invisibile, e spiega così tutto ciò che non è forma, ma che è rappresentato dalla forma, così il critico rimpetto al lavoro di un artista, prende la forma in cui quello ha affermata un'immagine e cerca di riaffermare tutte quelle forze latenti, tutti i movimenti psicologici contenuti in essa.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





Abbondio