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      Dopo di aver pensato, don Abbondio parla solo; finge che Renzo gli sia dirimpetto e dice: - «Tu pensi all'amorosa; ma io penso alla pelle; il più interessato son io, lasciando stare ch'io sono il più accorto. Figliuol caro, se tu ti senti il bruciore addosso, non so che dire; ma io non voglio andarne di mezzo» - . Questa è la frase o l'espressione artistica; ma analizziamo un poco che cosa è questa frase, che cosa c'è in quella espressione.
      Quell'espressione, o signori, è l'apologia che fa don Abbondio di se stesso: egli ha presa quella mezza risoluzione, ed or cerca di difenderla, e la scusa a se stesso, mentre non è venuto nessuno ad accusarlo; ma lo fa, sapete perché? Per persuadere a se stesso che quel che ha fatto lo ha fatto bene. Ma che bisogno c'è di questa scusa, che bisogno c'è di questa persuasione? Miei cari, c'è in fondo alla nostra coscienza un principio di giustizia; e don Abbondio in fondo non è traviato: egli sente che l'indomani avrebbe fatto un torto a Renzo. Un torto, perché se gli uomini forti fanno torto con la violenza, i deboli lo fanno col raggiro e con i pretesti. Don Abbondio aveva voglia di pensare che Renzo era un ignorante e che non sapeva di latino, e che era facile imbrogliarlo; ma non poteva impedire che una voce dal di dentro gli dicesse: - E tutto ciò sta bene? - . Ora avviene che quando nel fondo di una coscienza c'è quel principio di rettitudine, il quale deve lottare con la paura, avviene, diceva, che non si dà forma precisa a quella voce della coscienza, che anzi si cerca di seppellirla, e si lascia parlare, e si dà ascolto soltanto all'altra voce più lusinghiera che emerge dal bisogno attuale.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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