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      Se guardate quello che fa, voi direste: - È un mostro, che per mezzo di sicarii fa violenza al curato, e che cerca di far rapire Lucia, e che giunge con le sue trame ad attentare a quella fanciulla sin nel monastero di Monza, quando non avendo più mezzi sufficienti, ricorre ad uno più brigante e potente di lui - . Or se si dovesse stare a queste azioni, dovrebbe dirsi don Rodrigo più briccone di quello che non è, perché è sempre vero il proverbio che gli effetti sono più tristi della causa, e gli uomini sono migliori delle azioni cattive che possono commettere.
      In don Rodrigo c'è del fatale. Egli nasce ricco e nobile, e fin dalla tenera età gli hanno fatto capire ch'egli è potente, superiore al volgo degli uomini, e che gli uomini del popolo erano gente da prendersi a calci. Egli può tutto quello che vuole; e nel contempo gli manca un uso serio di questa forza, dimorando in un piccolo villaggio. Una volta che lo avete messo lì in mezzo a quella gente, egli che non sente paura, che è superiore al volgo, inchinato da tutti, che non sa cosa fare del suo tempo, diviene naturalmente frivolo; come al presente tanti ricchi tirannelli ne' piccoli paesi, che senza una sfera d'azione, senza degno scopo della vita, non sono che giocatori od altro, menando una vita frivola: e vita frivola vuol dire vita senza scopo prefisso, vuota e senza azione. Don Rodrigo passa i suoi giorni infatti in mezzo a' giuochi, alle donne; egli mangia, beve e va a spasso, come si dice, facendo l'arte di Michelasso.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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