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      A rappresentare la dignità della sua condotta ha presa una parola italiana e le ha dato un nuovo significato:
     
      Vergin di servo encomio;
     
      le moltitudini sono donne prostituite. Il poeta che, finché Napoleone fu lì, era rimasto spettatore disdegnoso, sorge ora; e si mette a giudicar del passato. Né gli basta questo piedestallo; non solo si sente degno di cantarlo per la verginità dell'animo, ma sente l'immortalità della poesia; ha il doppio orgoglio d'un animo vergine e d'un grande ingegno.
      Non v'è parola che non desti idee accessorie. - Quando folgorava in solio, la plebe se n'è lasciata abbagliare; ed ho taciuto; ora che ha solo una piccola urna, parlo dove gli altri tacciono - .
      Con la terza stanza comincia la narrazione epica. L'epico è costretto a guardar successivamente i fatti, cammina in una pianura. Il lirico guarda dalla montagna: perde i dettagli, abbraccia l'insieme; la diversa posizione produce impressioni diverse. Manzoni ha afferrati in Napoleone tre punti epici, che riempiono tre stanze, temi di tre epopee.
      Il suo primo aspetto è il conquistatore; l'uomo fragoroso che ne impone alle moltitudini. Manzoni presenta prima questo lato vulgare comune alle antiche epopee ed alle antiche storie. Poi, lasciando il campo del visibile, si domanda cosa sentisse mentre faceva. Al campo esterno succede il campo intimo; indi gli dà una magnifica decorazione; gli mette intorno i due secoli e vi mostra il suo potere infinito. Questa è l'analisi e la sintesi con cui il poeta ha considerato Napoleone.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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